Ecomuseo Valle del Caffaro

Settecento

Il trattato di Rovereto (1752 e segg.)
I bagolinesi, dopo il bando dal territorio trentino, sono costretti a varcarne il confine con trecento armati, per terminare una travata che deve far rientrare il Caffaro nel proprio alveo poiché il fiume è stato nuovamente deviato dai Conti.
Il 31 agosto 1752 la lite per il possesso del Piano ha termine.
Con il pubblico “trattato di Rovereto”, concluso fra la reggenza austriaca in nome dell’Imperatrice Maria Teresa ed il Comune di Bagolino, il Pian d’Oneda viene definitivamente riconosciuto a Bagolino. Il Comune deve pagare ai Conti “quattordicimila fiorini”.
Per delimitare il Piano vengono piantati quattro termini di confine:
Il 1° alle “travate”; il 2° in cima alla piazza di Ponte Caffaro sulla riva destra del fiume; il 3° poco lontano dal Chiese e dal ponte “dei tedeschi” e il 4° sulla sponda sinistra dell’alveo abbandonato del Chiese.

La Parrocchia di Bagolino passa alla Diocesi di Brescia (1773 e segg.)
In seguito ad accordi intervenuti tra l’Impero austriaco e la Repubblica Veneta, la Parrocchia di Bagolino, insieme a quella di Tignale, passa dalla Diocesi di Trento a quella di Brescia.
Il paese vede così realizzarsi la sua unione con Brescia per l’amministrazione religiosa come già secoli prima per quella civile.

Bagolino distrutta dall’incendio del 30 ottobre 1779.
Passata la terribile inondazione del Caffaro (1757) che tra le altre cose travolse una fucina, il vecchio forno e parecchi fienili, le cronache ricordano il più grande incendio della storia di Bagolino avvenuto il 30 ottobre 1779. Le vittime sono numerose mentre il paese viene interamente distrutto. Bagolino ricostruita con grandi sacrifici morali ed economici comincia a riprendersi verso il 1780.

Decadenza della Repubblica Veneta e avvento della Repubblica Provvisoria Bresciana e della Repubblica Cisalpina: Bagolino coinvolta nelle lotte (1796 e segg.)
Con la decadenza della Repubblica di Venezia della quale il trattato di Campoformio del 7 ottobre 1797 decreta la fine, i territori del bresciano passano sotto il dominio di Napoleone che, combattendo contro gli austriaci, conquista la Lombardia.
Il 26 maggio 1796 Napoleone è a Brescia. Parte dei bresciani e dei bergamaschi ribelli, segretamente appoggiati dai francesi, costituiscono la Repubblica Provvisoria Bresciana aggregata nel 1801 alla Cisalpina. Le Valli e la Riviera che parteggiano per la Repubblica di Venezia sono costrette ad arrendersi alle truppe dei generale Chevallier che mettono a ferro e fuoco i paesi di Barghe e Vestone.
1 bagolinesi temendo di dover seguire la stessa sorte, hanno combattuto quali alleati con Venezia contro la Repubblica Cisalpina, mandano a Idro, dove erano riunite le truppe dei generale Chevallier, i propri delegati che consegnano ai francesi le chiavi del paese e una somma di denaro – 500 fiorini – pari a 185 milioni di lire. La Repubblica Cisalpina concede il perdono e la comunità di Bagolino, dopo aver promesso obbedienza, viene invitata a cancellare le insegne della “Serenissima”: una in piazza, sotto le finestre della Casa Comunale, l’altra sotto il portico della Chiesa di S. Giacomo.
Il nuovo Governo sopprime il convento delle monache, altre confraternite, e toglie dalla Parrocchiale le argenterie donate dalla Famiglia Dalumi. A tutt’oggi non è dato sapere dove siano finiti gli arredi sacri.
Durante le alterne vicende e le lotte tra franco-austriaci, in una delle tante battaglie, una compagnia di croati in ritirata si ferma a Bagolino per circa una mese, presso il ponte Prada. 1 soldati si uniscono poi al loro generale, il Wunser, che con altri 30.000 sta attraversando il Pian d’Oneda per combattere contro i francesi.
Nelle battaglie di Lonato, di Castiglione e Montichiari i tedeschi vengono sconfitti.
Durante la ritirata, una compagnia alemanna si ferma in paese e fissa il campo nella chiesa di S. Rocco e nel prato del Consiglio (Riva dei Bus). La compagnia rimane fino a che le truppe francesi giunte a Storo, non la obbligano a ritirarsi.
Partiti i tedeschi arrivano in paese i francesi. Gli ufficiali trovano alloggio presso case benestanti mentre la truppa si ferma a palazzo Stagnoli, (che allora era del Comune), nella Chiesa di S. Rocco, dell’Adamino e nei prati vicini.