Bagolino_Voltoni_Antichi

Medioevo

Comparsa del cristianesimo (300 d.C. e segg.)
Fra gli dei adorati nella vallata del Caffaro si ricordano, Tunol, Saturno, Tor, Bergino, il dio Pane, cui venivano sacrificati i più bei capi d’agnello, la dea Cerere, alla quale venivano offerti i frutti della terra e il dio Termine. A quest’ultima divinità si dice che fossero consacrate le montagne e le vette; questo dio proteggeva anche i confini delle proprietà. Si racconta come le vittime, a lui immolate, venissero legate a grossi anelli fissati su altissime rupi e che uno di questi anelli fosse stato ritrovato presso la Berga (cima Caldoline).
Di questi tempi remoti si ravvisa traccia in alcuni termini rimasti ancora a denominare vari luoghi della valle, quali: via Pagana, orto dei Pagani a Bagolino e Rocca pagana a Storo.
Gli antichi riti officiati in quei posti e dedicati a quegli dei potrebbero aver dato luogo, con l’oblio degli anni, a confusioni con diavolerie e stregonerie.
Intanto il cristianesimo avanza. Fra i primi predicatori che giungono nei dintorni di Bagolino si ricorda San Vigilio, Vescovo di Trento, mandato da Papa Damaso nelle terre bresciane e veronesi per diffondere il messaggio evangelico. San Vigilio verrà martirizzato in Val Rendena il 26 giugno 403.
Con l’instaurazione del potere ecclesiastico la chiesa trasforma gli usi dei tempi fino a sostituirsi all’Impero Romano in decadenza.
E’ bene ricordare, come scrive il Di Rosa, che il cristianesimo venne accettato dall’Imperatore Costantino, “come alleato democratico per raccogliere tutto il potere contro l’aristrocrazia romana, sequestrando i beni dotali dei templi del politeismo a favore dei Vescovi e delle Chiese plebane”.
Gli antichi Pagi romani diventavano Pievi, chiese plebane, circoscrizioni territoriali con il compito di sovraintendere la vita religiosa ed amministrativa dei paesi sotto la loro giurisdizione, mentre i Municipi mutano in Diocesi.
I primitivi dei adorati nelle vallate sono così “sostituiti” dal Dio di Gesù Cristo e dai Santi che vengono a prendere, in certo qual modo, le difese del Paese.

Bagolino viene annessa alle Giudicarie (600 e segg.)
Il grande Municipio di Brescia romana che allora estendeva la sua influenza sino ad Arco e Riva, comprendendo così anche la valle del Caffaro e del Sarca nella tribù di Fabia, con la venuta in Italia dei Longobardi perde Bagolino e parte dei suoi territori. 1 Longobardi per loro particolari interessi strategici, di confini e di difesa, conquistano ed inglobano questi territori nel Ducato trentino estendendo i loro domini.
Bagolino entra in tal modo a far parte di una delle sette Pievi che comprendevano le cosiddette Giudicarie, terre di confine, trentine: la Pieve di Condino.
Questa Pieve che dapprima era compresa nella giurisdizione del Ducato tridentino, con la donazione longobarda dei Ducato ai Vescovi di Trento, che assumono il titolo di “Principi”; passa sotto la loro potestà.

Origine di Ponte Caffaro:
I Frati Benedettini iniziano la bonifica dei Pian d’Oneda (1.000 e segg.)
I primi documenti scritti che riguardano Bagolino risalgono al 1.000 d.C. e “parlano” di un territorio posto a sud del paese chiamato Pian d’Oneda in località Ponte Caffaro. Questo piano, che in seguito entrerà a far parte dei territorio di Bagolino, era un luogo paludoso ed insalubre formato dal delta dei fiume Caffaro e le acque del lago d’Idro.
Verso l’anno 1100, è incerto il momento preciso, e più d’una sono le versioni, sembra che queste terre siano state donate al Monastero di S. Pietro in Monte di Serle da re franchi o longobardi che, sotto il loro dominio, rafforzarono il culto cristiano.
I Monaci ebbero il compito di bonificare il territorio e di costruirvi un ostello per i viandanti che passavano numerosi su quella strada.
Anche i bagolinesi dovevano transitare per quel luogo. Prima di costruire il ponte di Prada, l’unica via per andare a Brescia – in alternativa a quella che passava per il valico del Maniva – era rappresentata dal ponte di Romanterra; si costeggiava a destra il Caffaro sino al bivio delle Armadure, dove per la strada detta “Bagozzina” si giungeva in Pian d’Oneda.
Un’altra versione vuole che queste terre siano state affidate ai Benedettini dagli Uomini di Storo, Darzo, Lodrone; Bovile e Villa di Ponte, antichi paesi scomparsi in seguito ad inondazioni, che nell’anno mille all’incirca avrebbero incaricato i Monaci di sanare l’intero Piano e di costruirvi un Ostello ed una Chiesa in onore di S. Giacomo.
A comprova di ciò il Panelli asserisce che la notizia era riportata in una lettera da lui trovata, scritta da un certo G. Bonardelli, il 20 marzo 1597, al parroco Manzoni.
L’unico brano di questo invito, che si data intorno all’anno 1000 è quello trascritto dal Panelli nel suo manoscritto:
“… rogamus vos domine Pater Abbas de Monte, ut veniatis in locus nostri de casalis et ibi edificetis ecclesia et Monasterum in onore sti Jacopi apostoli Majori, et ibi permaneatis laborando in honore Dei… “
Un altra testimonianza dice che i Monaci subentrarono solo verso il 1213 poiché sino a quell’anno l’intero piano era affittato ad un certo Petro de Tosino ed altri di Anfo, con un canone di 8 libre d’argento in moneta milanese (Odorici).
Di fatto i Benedettini iniziano la bonifica cercando di risanare tutta la zona con ampie piantagioni di ontani (ones) che daranno poi il nome a quella terra: Pian d’Oneda. I Benedettini costruiscono anche una chiesa che viene dedicata a S. Giacomo patrono dei pellegrini, ed un ospizio gratuito (“Xenodochio’9 per dare rifugio e ristoro ai tanti viandanti che transitavano per quella strada.
I contadini che aiutano i Monaci a coltivare il Piano abitano in piccole cascine dette “caselle” che sorgono vicino alla Chiesa.

Bagolino feudo dei Pincipi – Vescovi di Trento
In questi secoli Bagolino, inglobata nelle Giudicarie, pur facendo parte del principato di Trento passa da un dominatore all’altro: Franchi, Imperatori di Germania ecc..
Ha inizio anche il “governo feudale” instaurato dagli Imperatori e sancito dalla “constitutio de feudis” emanata nel 1027 dall’imperatore Corrado il Salico, che regola le investiture dei feudi.
Si è infatti consolidato l’uso che i re o i nobili, come segno di riconoscenza per particolari servigi ricevuti da potenti Famiglie alleate, sia laiche che ecclesiastiche, concedano “in feudo” alle stesse, parte dei loro territori.

Lotte guelfe e ghibelline
Il territorio italiano nel frattempo è diviso da lotte interne fra i guelfi ed i ghibellini.
Bagolino non è estranea a queste lotte e poiché da tempo si è aggregata a Brescia per le questioni civili, pur restando soggetta alla Pieve di Condino per l’amministrazione religiosa, decide di ribellarsi ai ghibellini Vescovi di Trento abbracciando la causa guelfa.
La comunità bagossa fa male i suoi conti. In quei tempi di battaglie Brescia, per difendere i suoi confini, va in guerra contro i cremonesi ed i bergamaschi. Bagolino stanca di lotte, cercando di evitarne di peggiori, torna sui propri passi e si sottomette volontariamente ai Principi-Vescovi di Trento (1192).
Successivamente verso il 1200 il paese viene dato in donazione prima alla casa d’Arco, la più potente famiglia del principato di Trento i cui possedimenti confinavano con quelli dei Lodron, indi ai Metifoco di Breno e alla famiglia bresciana dei De Salis (anno 1212 ca.).
Non appena in Italia si riaccende l’odio tra guelfi e ghibellini, Bagolino pentita di essersi sottomessa a Trento, perora la causa guelfa e si unisce definitivamente a Brescia (1313).